Amore e affinità elettive come ordinamento (parte II)

«Send me an angel. Save me». La dimensione salvifica dell’amore può essere così saldata in parole. Sono quelle di David Lynch, in Good Day Today. L’angelo alato, come alata è l’aquila che Nietzsche riconobbe nella giovane Lou: «Ma poi il caro uccello Lou mi traversò a volo la strada, e io lo credetti un’aquila. E a quel punto volli che l’aquila mi restasse accanto». Le scrisse il 4 agosto 1882, da Tautenburg. Sovversione e ribaltamento. L’amore è culto del rovesciamento. L’ordine sovvertito è la messe dell’incompiuto. E così l’ardore si fa portatore di senso; laddove il senso è anche quello di marcia. La nota caratterizzante di questa costellazione è la duplice teleologia che le appartiene: salvezza aquilina e dannazione del corvo. «Ciò che non ha il nerbo di innalzarci in alto,  ebbene, ha di certo la possanza di scagliarci nel vuoto», scrissi altrove. Ecco: amare è possibilità, amare è entrambe le possibilità. E, se la possibilità sta più in alto del reale (ci abbeveriamo qui alla fonte di Heidegger, ma servendocene per altri scopi), l’amato vive di tale possibilità. Urge precisare, in quanto l’appena citata osservazione del filosofo di Sein und Zeit pare piuttosto abusata, che ciò che egli intese affermare (in un contesto del tutto diverso dal nostro) fu una piena coincidenza di possibilità e realtà. Se, per chi è amato, l’amante pare l’unica possibilità, ecco allora che egli emerge come sua decretata realtà. Nel suo emergere, l’amante è emersione ed emergenza. Egli pare trasudato dal nulla e prorompe; egli è distinto e distingue, scalcia nel grembo del possibile. «Signori, la biografia dell’Io non è ancora stata scritta» (Benn). L’amante sfila allora una delle sue penne dorate, poiché egli s’è fatto angelo. Egli pare bisbigliare all’orecchio di chi gli è diletto: che nulla ti sia più implume.